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De Fusco, lo Stabile e strana accusa di non aver innovato
Scritto da Carla Menaldo - Corriere del Veneto e Gazzettino, 29 settembre 2009   
Mercoledì 30 Settembre 2009 09:18
      A proposito di teatro sperimentale, di tutto si può accusare (forse) il direttore uscente del Teatro Stabile del Veneto Luca De Fusco, ma non di non aver innovato, accusa arrivatagli dalla Regione e dal presidente dell’ente teatrale Laura Barbiani e ripresa dalla stampa.
      Uno degli ultimi spettacoli messi in scena da De Fusco è "Lei. Cinque storie per Casanova", dove il regista rovescia la prospettiva tradizionale delle Memoire in cui Casanova parla delle proprie donne, facendo invece parlare proprio le sue amanti in prima persona. Cinque monologhi scritti da cinque scrittrici (Paola Capriolo, Benedetta Cibrario, premio Campiello 2008, Maria Luisa Spaziani, Mariolina Venezia, Premio Campiello 2007, e la sottoscritta) e recitati da altrettante attrici, messi in scena in alcune delle cornici più suggestive della storia italiana e mediterranea (dalla Certosa di San Martino a Napoli, a Palazzo Grimani a Venezia, fino alla Casa Museu Picasso a Barcellona).
      Al Festival Nazionale di Napoli lo spettacolo ha dovuto replicare più serate per la grande affluenza di pubblico; a Venezia non si trovava un posto, a Barcellona era già tutto esaurito prima della prima. E proprio in Spagna la stampa lo ha accolto come una delle migliori espressioni della “Vanguardia”.
      E tutto questo in una concezione della cultura che è da un lato tutta veneta (dalla scelta del “personaggio” Casanova a quella di una delle scrittrici e una delle attrici) ma che, come ogni cultura che davvero si definisca tale, non può dimenticare un contesto nazionale e transnazionale, non può prescindere da una visione ampia e lontana dai particolarismi tanto nocivi all’arte e a ogni suo sviluppo e manifestazione.
      De Fusco ha saputo scommettere sul nuovo con intelligenza e sensibilità, ha voluto proporre, accanto alla tradizione del teatro regionale e internazionale – dove pure la sua regia arriva dritta allo stomaco dello spettatore in un dialogo mai banale e mai solipsistico, basti ricordare il fosco dramma fordiano "Peccato che sia una sgualdrina" messo in scena la scorsa stagione - spettacoli di fine sapore e originale novità.
      È un saluto il mio, e insieme un attestato di stima per il regista che ha portato il Teatro Stabile del Veneto a confrontarsi con la realtà internazionale, a dialogare con il territorio e il proprio pubblico senza mai dimenticare che le radici venete sono le radici italiane, al di là di ogni particolarismo, politico e non.
      Carla Menaldo