Il viaggio sentimentale di Rosa, tra Padova e Cuba |
Scritto da Anna Carta - Bollettino d'Ateneo Università di Catania |
Martedì 05 Maggio 2009 00:00 |
![]() Lunedì 4 maggio, nei suggestivi locali del Coro di notte dell'ex Monastero dei Benedettini, ospite della facoltà di Lettere e Filosofia, la scrittrice padovana Carla Menaldo ha presentato la sua opera di esordio al romanzo, Canna da zucchero, edito da Marsilio nel 2008. Un titolo dolce per un libro sensuale, che ci introduce nella dimensione prediletta dalla protagonista della storia, Rosa, una donna che non ha paura di vivere seguendo i dettami della propria fisicità. Una fisicità non fine a se stessa, ma fine al libero gioco di una modalità di conoscenza che - in linea con una antica tradizione di libertinismo - non teme di servirsi dei sensi come strumento privilegiato di scoperta di se stessi e del mondo.
Canna da zucchero, ha spiegato Carla Menaldo, è in primo luogo la materia prima da cui si ricava il rhum, bevanda amata dalla protagonista. Ma non solo. È il sapore «fermentato e dolciastro del sesso, pervaso di una sensualità fatta di denti, braccia, occhi strizzati e angoli della bocca appiccicosi», ma anche il suo contraltare innocente, l'unico dolce accessibile alla povertà dignitosa di migliaia di abitanti del Centro America. ![]() Accanto all'autrice, la prof.ssa Rita Verdirame, docente di Letteratura italiana presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Catania, ha guidato i presenti dentro i luoghi e tra i protagonisti di questo romanzo a tappe, che ripercorre le fasi della crescita di una giovane donna, dai suoi vent'anni ai quaranta e poi oltre. Un viaggio attraverso il tempo, quello di una formazione, o meglio della ricomposizione di una personalità disgregata nella tenace ricerca del proprio nucleo di verità, continuamente in bilico tra femminilità e mascolinità, tra desiderio di fuga in paesi lontani ed esotici e richiamo in direzione di una terra antica e mescolata di storie come la Pianura padana. Un viaggio anche attraverso lo spazio, dunque, che partito dall'ambiente colto e intellettuale di una città "bene" del nord-est italiano, non diserta né la rassicurante morbidezza del paesaggio padano, né i luoghi metropolitani e spaesanti della lontana New York, né gli odori caldi e i ritmi sensuali del mondo cubano e caraibico. Ma, come ammette l'"eroina" del romanzo, «quella terra non era la mia. Sono nata nel posto sbagliato, mi dico, ecco perché tutte le cose che faccio restano sospese, indecise, incompiute. Sono una straniera, ovunque, a questo punto». ![]() Canna da zucchero è infine un viaggio nella lingua, la ricerca di una scrittura precisa, pulita, ri-pulita anzi - come dichiara la stessa autrice - dagli eccessi descrittivi e dagli accesi psicologismi di una certa tradizionale maniera di fare scrittura "al femminile"; è il tentativo di trovare una parola che coniughi insieme, risultato di un "gioco" tra i registri linguistici, lingua colta e lingua giornalistica. |